Tara
Trama
GIOVEDì 21 SETTEMBRE | ORE 20:00
PRESENTA IL FILM IN SALA LA REGISTA, FRANCESCA BERTIN, CHE AL TERMINE DELLA PROIEZIONE SARÀ DISPONIBILE PER UN Q&A.
Il fiume Tara è un piccolo paradiso idilliaco per i suoi assidui visitatori, che vengono qui per godere delle presunte proprietà benefiche di queste acque, nonostante esami a campione rilevino la presenza di sostanze tossiche dovute alla vicinanza con l’ex ILVA. Proprio a partire da questo luogo, i registi Volker Sattel e Francesca Bertin costruiscono una mappa di Taranto dando voce alla disillusione provocata dal mostro d’acciaio, l’ILVA, simbolo di promesse non mantenute che ancora oggi deturpa il paesaggio. Paesaggi e architetture si alternano a materiale d’archivio sull’attività all’interno delle fabbriche, documentando l’impatto dell’industrializzazione sul territorio con lucidità e lirismo al tempo stesso.
«TARA» è la seconda collaborazione di Sattel e Bertin dopo La cupola del 2016. Il fiume tarantino è il personaggio principale del film, attorno a esso ruotano le tante figure che lo eleggono a posto privilegiato di incontro, di storie, a volte di leggende. Sono adulti egiovani. Fanno il bagno, si tuffano, stazionano, parlano, giocano. Le cose accadono sopra e sotto la superficie del Tara. Al di là, in lontananza, esistono quartieri, ponti, edifici industriali, case antiche, giardini, posti abbandonati, e l’ombra dell’Ilva o di discariche non regolamentate. Si tratta di luoghi da scoprire al pari del fiume e delle sue pieghe naturali, che servono ai registi per comporre un ritratto corale, sociale, ambientale di un territorio trai più devastati d’Italia eppure resistente. C’è un attaccamento, fino all’incoscienza, da parte degli avventori del Tara. Molti di loro continuano a tramandarsi e a raccontarsi storie che parlano delle virtù guaritrici del fiume per esseri umani e animali, anche se la realtà dice ben altro e il film lo esprime attraverso il lavoro di una ricercatrice che fa rilevamenti dell’acqua attestanti il pessimo stato di salute dell’ambiente. Sattel e Bertin si immergono in quel set alternando al realismo strati più onirici, si pensi alla cavità di un albero percorsa da due donne che sembra fare da passaggio per entrare in un’altra dimensione. Alla fine si torna alle zone del fiume, ai ragazzini che camminano e chiacchierano, con la macchina da presa che si allontana da loro. Un film di vicinanze e distanze per riflettere, da un puntodi vista inedito, sulla «questione Taranto».